ORIGINI

Le origini del caffè non sono note, sicuramente si diffuse prima nel mondo arabo per poi arrivare in Europa. Il termine caffè deriva dalla parola araba Qahwa, che in origine identificava una bevanda prodotta dal succo estratto da alcuni semi, che provocava effetti eccitanti e stimolanti. Dal termine Qahwa si passò alla parola turca Qahvè, parola riportata in italiano con “Caffè”. Alcuni pensano invece che il termine caffè derivi dalla regione di Caffa, nell’Etiopia sud-occidentale, dove si coltiva la pianta del caffè.

Una leggenda narra poi che un pastore etiope notò l’eccitazione delle sue capre dopo aver mangiato le bacche di una pianta. Incuriosito, portò le rosse ciliegie al vicino monastero. I monaci, intimoriti dal suo racconto, scaraventarono nel fuoco le bacche. Il profumo che si sprigionò fu grande e destinato a cambiare la storia.

Nel XV secolo la conoscenza del caffè si estese in tutto il Medio Oriente fino ad Istanbul, dove il suo consumo avveniva nei luoghi d’incontro dell’epoca, i cui primi esemplari vennero inaugurati nel 1554 da due mercanti, Hakim di Aleppo e Gems di Damasco, che aprirono a Costantinopoli le prime due case del caffè, i kahwe-kane, locali pubblici in cui si preparava l’infuso di caffè. Essi rappresentano il primo esempio di caffetteria moderna.

Venezia, grazie ai suoi rapporti con l’Oriente, fu la prima ad introdurre il caffè in Italia: le prime botteghe del caffè comparvero nel 1645.

Nel XVII secolo il caffè si diffuse in Inghiterra (nel 1663 si contavano già 80 coffeehouse, che diventarono ben 3000 nel 1715) e in Francia e da allora la crescita fu esponenziale tanto che nel Settecento ogni città d’Europa possedeva almeno un caffè.

VARIETÀ: ARABICA E ROBUSTA

La pianta del caffè appartiene al genere Coffea, della famiglia delle Rubiacee.

Il genere Coffea comprende oltre 100 specie, tuttavia, commercialmente, le varietà di caffè vengono proposte in due tipologie principali: Arabica (Coffea Arabica) e Robusta (Coffea Canephora), la cui coltivazione avviene nella cosiddetta coffeebelt, tra i tropici del Cancro e del Capricorno.

Le loro principali differenze si riferiscono al gusto e al luogo di coltivazione.La prima importante diversità è genetica: l’Arabica infatti è composta da 44 cromosomi e la Robusta 22; quest’ultima ha inoltre un livello più alto di caffeina rispetto all’Arabica.

L’Arabica, che costituisce il 60% del caffè prodotto al mondo, viene maggiormente coltivata nell’America del Sud, in quella Centrale e nell’Africa Orientale. La Robusta, invece,che copre il 40% della produzione mondiale, si coltiva prevalentemente nelle zone pianeggianti dell’Africa Occidentale e nell’area tropicale dell’Asia, fino ad un’altitudine di 800 metri.L’Arabica, più delicata, cresce al meglio a quote elevate, tra i 1100 e i 2200 metri ed ha bisogno di molta pioggia e di temperature miti e costanti, mentre la Robusta si sviluppa anche a quote più basse e in condizionimeno ideali in termini di umidità e tipo di terreno; essa è inoltre meno soggetta alle malattie e ai parassiti.

Riguardo alla morfologia propria dei chicchi, quelli dell’Arabica sono più allungati ed ovali, quelli della Robusta invece hanno una forma più arrotondata e presentano un solco più o meno dritto.

Riguardo al gusto, l’Arabica è  più delicata e dolce con una acidità più o meno spiccata e con intense sensazioni aromatiche. La Robusta invece è molto più corposa con  sensazioni gustative meno importanti e un retrogusto che tende all’amarotico.

COLTIVAZIONE E MERCATO EL CAFFÈ

Con la diffusione su larga scala, il caffè iniziò ad essere coltivato in modo intensivo nelle colonie inglesi e in quelle olandesi come l’Indonesia, quindi iniziò anche la Francia in tutto il Centroamerica.

Le prime coltivazioni in Brasile iniziarono nel 1727.

La coltivazione del caffè dipese sempre dalla schiavitù, fino alla sua abolizione nel 1888.

Il caffè è una delle merci più scambiate insieme al petrolio e all’acciaio.

Secondo le statistiche della International Coffee Organization, la produzione mondiale di caffè si aggira intorno a 160 milioni di sacchi da 60 kg l’anno; i maggiori produttori mondiali di caffè sono, in ordine di importanza, il Brasile (che produce quasi un terzo del caffè nel mondo con più di 50 milioni di sacchi), il Vietnam (primo produttore di Robusta con circa 30milioni di sacchi) la Colombia e l’Indonesia. Seguono, con ordine variabile secondo le annate, Messico, Guatemala, Honduras, Perù, Etiopia, India.

METODI DI RACCOLTA

Il metodo più costoso, ma l’unico che consente un raccolto omogeneo, è il Picking, una raccolta a mano, in più riprese, che consente di selezionare volta per volta solo le ciliegie mature, poiché le drupe del caffè non maturano mai contemporaneamente e sulla stessa pianta si possono trovare fiori, ciliegie verdi, rosse e marroni. Solitamente questo metodo, essendo molto dispendioso, si utilizza solo per i caffè più pregiati.

La coltivazione del caffè dipese sempre dalla schiavitù, fino alla sua abolizione nel 1888.

Lo Stripping è invece un metodo più economico ed adatto a caffè di qualità inferiore che consiste nello strappare tutte le ciliegie di un ramo dall’interno verso l’esterno in una sola volta, non scartando però le drupe secche o verdi che vengono raccolte insieme a quelle che hanno raggiunto il grado ottimale di maturazione.

Vi sono poi sistemi di raccolta a macchina, specialmente utilizzati negli altipiani brasiliani, in cui si passa sopra i filari di caffè scuotendo le piante e facendo cadere le ciliegie sulla base della macchina che le raccoglierà. Questo metodo necessita di una cernita successiva per selezionare e scartare le drupe immature che inficerebbero il gusto finale in tazza rendendolo astringente.

METODI DI LAVORAZIONE

I diversi metodi di lavorazione del caffè sono strettamente correlati alle differenti caratteristiche climatiche di ogni paese, quali umidità, esposizione alla luce solare e percentuale di piogge annuali. Di seguito i principali:

Il metodo Naturale-Dry processing è il processo più tradizionale, utilizzato soprattutto in paesi come il Brasile, in cui l’irraggiamento solare è presente tutto l’anno.

Le ciliegie di caffè vengono fatte essiccare alla luce del sole con buccia, polpa, pergamino e seme, su letti rialzati o su un patio di cemento. Il processo di essicazione dura 15-20 giorni durante i quali è importante una continua movimentazione e ventilazione delle drupe per evitare la formazione di muffe. L’umidità passa da un 60% – 65% ad un 10% -12%.  Macchine decorticatrici separeranno poi la buccia e il pergamino dal chicco, che avrà uno spessore massimo di 5 cm. I caffè ottenuti con questo metodo sono detti “naturali” e si caratterizzano per un’elevata dolcezza e corposità, aroma intenso ed acidità bilanciata.

LAVATO – WET PROCESSING

Il metodo Lavato-Wet Processingè più complesso rispetto a quello Naturale. Le ciliegie mature vengono separate da quelle secche e da corpi estranei leggeri, quali foglie, tramite galleggiamento del prodotto in vasche colme d’acqua, nelle quali le ciliegie mature si depositeranno sul fondo. Successivamente si provvede alla spolpatura che prevede l’eliminazione della polpa dalla drupa matura tramite una macchina spolpatrice. Tale processo deve avvenire subito dopo la raccolta per evitare la fermentazione degli zuccheri che darebbe come risultato un chicco fermentato. Nello stesso tempo vengono anche selezionate le bacche mature e quelle immature che vengono scartate.

I chicchi di pergamino spolpati procedono nella lavorazione e giungono alle vasche di fermentazione. Il processo di fermentazione, che dura dalle 18 alle 36 ore, consiste nella macerazione degli zuccheri e serve per rimuovere lo strato di pectina (mucillaggine) che ricopre il pergamino, rendendolo più pulito e lucido. Questa metodologia viene utilizzata per vari caffè Africani, quali il Kenya.

Il processo di essicazione successivo è lo stesso del metodo naturale ma lo spessore massimo del chicco in questo caso è 2,5 cm.

I caffè lavati risultano più brillanti di quelli naturali e contengono meno solidi. Sono quindi caffè più complessi, con acidità e note aromatiche più marcate.

La Colombia è il primo paese al mondo per la produzione di caffè lavati grazie alle piogge intense e quindi alla vasta disponibilità di acqua.

SEMILAVATO– PULPED – HONEY PROCESS

Il metodo Semilavatonon prevede la fase di fermentazione nelle vasche.La rimozione della mucillagine avviene tramite macchinari dette colombiane che producono getti di acqua sotto pressione, che permettono la pulizia dei chicchi attraverso sfregamento.

Il processo si divide  inPulped Natural, con parziale rimozione della mucillagine del pergamino e l’HoneyProcessche a seconda della diversa percentuale di mucillagine lasciata sul pergamino o in base al tempo di essicazione conferisce diverse gradazioni di colore al chicco. Questo metodo è apprezzato soprattutto dal mercato dello specialty per la sua dolcezza ed equilibrio come risultato in tazza. Questa lavorazione è più complessa rispetto alle precedenti poiché il caffè in pergamino viene fatto essiccare con buona parte della mucillagine facendo sì che i chicchi si appiccichino tra di loro dando adito a muffe, che prontamente devono essere eliminate.

TORREFAZIONE E MISCELAZIONE

Il processo di tostatura, che è il cuore di ogni azienda produttrice di caffè, è un procedimento fondamentale per un buon risultato finale del caffè in tazza.

Miscelare le diverse origini prima della tostatura è ottimale in quanto i diversi caffè possono così amalgamarsi durante il processo di torrefazione, creando una miscela perfettamente bilanciata ed equilibrata, sia a livello visivo che gustativo.

Il processo di torrefazione ha luogo ad una temperatura di 200-220 ° che apporta dei significativi cambiamenti fisici. Il caffè verde si espande in volume (50% – 80%) e cambia la sua struttura organolettica ed il colore; il verde lascia il posto al marrone e c’è una perdita di peso dal 17 % al 20%, in cui si sviluppano gli aromi tipici dell’espresso italiano, ben 800, che ritroveremo in tazza.

Il successivo raffreddamento deve essere ad aria, affinché l’umidità all’interno del chicco non provochi la formazione di muffe.

I silos di stoccaggio accoglieranno poi il caffè tostato per 15 giorni, periodo in cui il caffè sprigiona i suoi olii ed aromi.

Le tipologie di tostatura sono tre: Chiara, Media, Scura.

Nella tostatura Chiara, dai 170° ai 190°, i chicchi sono di color cannella e  gli olii tipici non fuoriescono.Il contenuto di caffeina, che diminuisce con la tostura, è piuttosto alto. Il corpo del caffè sarà leggero e spiccherà l’acidità. Questo tipo di tostatura è la più apprezzate nei paesi del Nord Europa, soprattutto per l’Arabica, ed è tipica del caffè filtro.

Nella tostatura Media, dai 200° ai 220°, i chicchi sono di un marrone più accentuato e risultano appena più grandi rispetto ai primi con un maggior corpo, minore acidità e una punta in più di amarezza. Con questa tostatura, l’aroma dell’espresso italiano “a tonaca di frate” si esprime al meglio. La miscela risulterà bilanciata, rotonda, corposa ed equilibrata, garantendo il miglior bilanciamento tra sapore, aroma ed acidità. Questa tostatura è tipica del Nord Italia e della Francia.

La tostaturaScura, dai 230° ai 240°, è tipica dell’espresso italiano corposo ed amaro di Sud Italia, Spagna e Portogallo e si ritrova anche nel Dark Roast americano. Questa tosatura è usata in varie occasioni anche per mascherare i difetti del caffè, che vengono così cammuffati lasciando il posto ad un retrogusto molto forte ed amaro privo di acidità e con un basso contenuto di caffeina.